a
Chieti 2013
La Festa
del Majo
Mercoledì 1 maggio a Chieti, l’associazione Camminando Insieme,ha
riproposto per il sesto anno consecutivo la festa del Majo. Questa
festa fa parte del progetto "Recuperiamo le Tradizioni", in
collaborazione con il C.A.T.A. (Centro Antropologico Territoriale
Abruzzese) dell'Università D'Annunzio di Chieti, con la
partecipazione delle Associazioni: "Lu Ramajette" di Chieti e "I
Colori del Territorio" di Spoltore. L’I.I.S. (Istituto di Istruzione
Superiore Umberto Pomilio di Chieti Scalo), nel rispetto di un
protocollo di intesa con l’Associazione Camminando Insieme,
certificato l’11 gennaio 2013, che prevede la Realizzazione, lo
Sviluppo e la Comunicazione dei Progetti legati alla TRADIZIONE
ABRUZZESE , come “Il Carnevale”, “Coloriamo le Lane con la Natura”,
“Il Majo” e successivi, che possano coinvolgere le nuove generazioni,
ha partecipato alla manifestazione.
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L’I.I.S.
propone cinque indirizzi di studio e
il settore abbigliamento e
moda, ha
realizzato le corone, il cappello del Majo ed alcuni abiti che hanno
indossato un gruppo di studenti. L’idea del modello dell'abito,
l’hanno individuato negli abiti africani,
un camice,
che hanno modellato stringendolo alla vita e alle spalle.
Le corone sono state
confezionate con l’alloro e l’edera. L’edera, è una pianta
sempreverde, ci sono molti racconti che la annoverano. A chi si
cingeva il capo con una corona di edera, gli veniva dato l’immagine
di innocenza e innocuità.
Nel vocabolario amoroso l'edera rappresenta la passione che spinge
gli innamorati ad avvolgersi l'uno all'altra, come fa l'edera sui
tronchi degli alberi. L'edera simboleggia l'immortalità in quanto le
sue foglie sono perenni... L’edera è un’importante pianta magica
contro gli spiriti maligni e simbolo di fedeltà. L’alloro è una
pianta aromatica sempreverde. Nella mitologia greco-romana, l'alloro
era una pianta sacra e simboleggiava la sapienza e la gloria: una
corona di alloro cingeva la fronte dei vincitori nei giochi Pitici o
Delfici e costituiva il massimo onore per un poeta che diveniva un
poeta laureato. Infatti, Il termine attuale di "laurea" deriva
proprio da questo riconoscimento. Anche qui ci sono molte leggende
popolari. Piantare una pianta di Alloro davanti alla porta di casa
allontanerebbe i fulmini.
La
rievocazione della Festa del Majo, festa di origini arcaiche e
pagane, vuole promuovere la continuità tra la comunità umana e il
suo passato e riscoprire il legame che lega l’uomo alla natura
evidenziato da questi riti di rigenerazione attraverso il ritorno
ciclico di: vita – morte –rinascita. Questo simbolismo culturale è
sempre attuale, perché rappresenta le radici stesse della nostra
civiltà.
Infatti, la scelta del
colore,verde, i vari tipi di fiori ad iniziare dal maggiociondolo,
si associano alla natura.
Il Majo, il feticcio della
natura, è rappresentato da un giovane
maschio che indossa un alto
cappello conico, (realizzato con un’intelaiatura di
canna, coperto di paglia e da mazzetti di fiori),seduto sul
trattore. Alle sue spalle c’è il fantoccio che poi verrà bruciato.
Il canto pantomimico associato al Majo è il Canto dei Mesi,(mesciarule=mascherata
dei mesi). La
rappresentazione scenica è una danza, affidata esclusivamente
all'azione gestuale, accompagnata da musica e da voci. Ogni mese
è stato rappresentato da una persona e invitati a ballare da un
tredicesimo figurante, che rappresenta l’anno. Tutti i mesi
hanno dei simboli che differenziano il mese che rappresentano.
Anche Il ballo del Palo Intrecciato ha una sua logica
rappresentazione. Viene ballato di piazza in piazza e prevede un
intreccio di nastri intorno ad un palo, che rappresenta l’albero
e i germogli primaverili della vegetazione che risorge. Il palo
centrale è la congiunzione tra cielo e terra. Il cibo
tradizionale del Majo è lu "lessame", una sorta di minestra con
9 ingredienti di legumi, 9 di verdure, 9 di erbe aromatiche. I
legumi erano recuperati dai fondi della dispensa, alla fine
dell’inverno. Lu “Lessame” coniugava l’esigenza del gusto con il
risparmio a cui tutti un tempo tendevano, vista la carenza di
risorse.
In provincia di Teramo si chiama “le virtù”, nell’aquilano
“totemàije” nei paesi intorno ad Atessa “lessagne”,a Chieti “lessame”,
nella valle del Sangro “pignata di maggio” o “costa” di maggio.
Questo rito alla fine
dell’inverno,
era per allontanare l’influsso malefico e salutare l’arrivo di
una stagione nuova, caratterizzata da raccolti, lavoro, sole e
vita. Pertanto, le donne, trovandosi costrette ad utilizzare
mucchietti di legumi diversificati e odori essiccati, pensarono
bene di consumarli tutti in una volta; ma, educate al gusto ed
al culto della buona tavola, li combinarono con le primizie
fresche della primavera, unendo il tutto con brodo cucinato con
l’osso di maiale.
Gli
Ingredienti del lessame, che si presenta come una minestra di
colore verde,sono nove tipi di legumi: fagioli,
ceci,farro,lenticchie,fave, piselli, cicerchia,
granoturco,grano.
Nove
tipi di ortaggi, meglio se di campo e secondo la disponibilità
del momento: Bieta, cicoria, borraggine, indivia, carote,
cacigni, spinaci, lattuga, zucchine.
Nove odori: finocchietto, sedano,
prezzemolo, salvia, alloro, cipolla, “pipirella “ è (una specie
di timo molto profumato, non deve mancare), maggiorana origano.
9 peperoncini piccanti -
9 spicchi di aglio - osso
di prosciutto per il brodo – cotiche, olio e sale.
I cereali non fanno parte
di questa ricetta!
La
difficoltà consiste nel soppesare bene tutti gli ingredienti.
Tonino
Rapposelli, cuoco per passione,ha saputo preparalo alla
perfezione.
Si
predispone un fondo di cottura con olio,cipolla,carota,sedano.
Aggiungere le cotiche, (già sgrassate, lessate e tagliate a
quadretti) e svaporare con vino bianco. Poi, unire le verdure e
fare attenzione a non farle attaccare al tegame. Quindi, versare
il brodo fatto con gli ossi di prosciutto, infine i legumi, gli
odori e i peperoncini piccanti.
N.B.
( tutti i legumi e i cereali vanno cotti precedentemente e
separatamente)
Un piatto laborioso che impegna molto tempo. E’ stato proposto
ai ristoranti di Chieti,alcuni hanno accettato, di servire agli
ospiti questo piatto contornato con pane,olio, fave, pecorino al
prezzo di dieci euro. Io temo che gli chef non dedicheranno
tutto questo tempo e impegno per ricavare pochi soldi. Se questa
proposta serve per attirare persone e turisti ben venga, ma la
tradizione non verrà rispettata. Di sicuro, chi sceglierà al
ristorante questo piatto, mangerà un buon minestrone! Vi
immaginate lo chef che fa cuocere singolarmente i legumi secchi,
messi a mollo nelle “ pignatte”,
(pentola in terracotta). Lessa le varie verdure, sempre
singolarmente…, prepara il brodo con l’osso di prosciutto…,
unisce poi il tutto. Questa fatica e tanto tempo per 10 euro!
Il cliente che sceglie questo piatto, sarà soddisfatto del buon
“minestrone”che
mangerà,del prezzo che pagherà,ma la speranza che qualcuno lo
informi sull’ origine di questo piatto della tradizione, …, se
ne riparlerà il prossimo anno? Nella situazione di disagio
economico estremo in cui viviamo e il ricorso alle ultime
risorse…, tutto fa brodo!
A
fine pranzo il maestro di “du botte”,
Adorino Graziani, con i suoi ragazzi, dove emerge Giovannucci
Sebastian, diciasettenne virtuoso di questo strumento, che ha
allietato con le variazioni e improvvisazione dei brani le persone , mostrando
completa padronanza del“ du botte” e Giovanni Grifone con la
Zampogna, hanno accompagnato le danze e i canti tradizionali.
Il cerimoniale si è concluso con
il rogo del fantoccio del Majo,
atto rituale finalizzato
alla fertilizzazione della terra con le sue ceneri.
Autore:
Luciano Pellegrini
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